I segnali di chi vuole licenziarsi (e quali errori evitare perché se ne vada)
Perché le persone si vogliono licenziare?
Partiamo da un principio: se qualcuno si vuole licenziare e lasciare l’azienda è naturale. Dopo qualche anno, la spinta a volersi misurare con una nuova realtà è piuttosto frequente e nella maggior parte delle volte ciò non significa che abbiamo fatto male il nostro lavoro. Secondo Universuum, infatti, se la generazione dei Baby Boomers rimane nello stesso posto di lavoro mediamente 8 anni, la GenX resta poco più di 5 anni, i Millenials 2 anni e mezzo mentre la GenZ solo 1 anno. Quindi il tempo di permanenza in un’azienda varia al variare dell’età del lavoratore.
Ci sono però diversi fattori che possono accelerare di molto il percorso di fuoriuscita del dipendente, mettendo in grosse difficoltà l’azienda, che si troverà di conseguenza a dover sostituire frequentemente i collaboratori, spendendo moltissimo tempo e denaro il recruiting prima e in selezione poi.
Quali sono i segnali di disaffezione di chi vuole licenziarsi
Prima di presentare le dimissioni il collaboratore lascia dei segnali, più o meno manifesti, per far comprendere lo stato di disagio e per attivare (si spera) un percorso di recupero del rapporto. Sono segnali di disaffezione.
Quelli osservabili, soprattutto da chi conosce bene la persona, sono una certa formalità nel vestirsi, prima non presente (di solito, perché poi si reca ad un colloquio), l’aumento del numero di telefonate personali, un certo distacco verso questioni lavorative che prima erano di interesse primario, la volontà di non entrare in progetti a lungo termine ecc.
Altri segnali che possono essere osservati sono un picco di richieste di permessi, disinteresse verso la formazione aziendale, rifiuto di fare straordinari, performance inferiori a quanto fatto solitamente.
Attenzione: chiedere le ferie e i permessi è sacrosanto. Un calo di rendimento capita anche ai migliori. La scelta di un look più accurato può essere dovuto a un appuntamento o alla voglia di sentirsi bene. Quando nelle aziende si sentono frasi come “è stato un fulmine a ciel sereno, mai ci saremmo aspettati le sue dimissioni”, non è mai la pura verità. Spesso i manager sono concentrati sul fare (poiché frequentemente svolgono molte attività operative) e non hanno la libertà mentale necessaria per notare tutto questo. È naturale.
Ma quello su cui si deve porre attenzione ora è: come NON arrivare a quel punto! Ovvero quali errori evitare per non far scendere il coinvolgimento dei collaboratori.
Quali errori evitare per non perdere più nessuno
Ecco i 10 errori da evitare per non perdere più nessuno del team:
- Non prendersi cura della fase di onboarding
È come la prima fase del fidanzamento, le attenzioni devono essere al massimo. Proprio le prime settimane di lavoro sono infatti decisive per “fidelizzare” il nuovo arrivato. Possiamo affiancargli un tutor, presentarlo ai colleghi, trasmettergli i valori aziendali, in una parola: rassicurarlo! E non dimenticate di spiegare anche le cose più basilari, per evitargli di dover chiedere il primo giorno di lavoro “dov’è il bagno?” - Non dare obiettivi
Brancolare nel buio non fa piacere a nessuno, sempre più le persone vogliono capire in quale direzione andare e che impatto possono dare; l’ideale è stabilire insieme degli obiettivi! - Nessun percorso di crescita
Se temo di non crescere nell’azienda in cui sono, troverò quella crescita altrove! E generalmente i primi che scappano, sono quelli che valgono di più. - Nessuna formazione
Una cosa che vale quasi quanto lo stipendio è la formazione: attivare corsi di formazione (sia su hard che soft skills) è fondamentale per fare in modo che la persona resti e sia felice di restare! - Zero flessibilità
Orario di lavoro, procedure, dress code, sono tutti esempi di ambiti su cui si può intervenire per rendere più flessibile il luogo di lavoro e aiutare le nostre persone nella gestione della propria vita. - Zero delega
Le persone hanno voglia di crescere e assumersi maggiori responsabilità. Se in azienda i manager praticano regolarmente la micro-gestione, rendendo i collaboratori (nella migliore delle ipotesi) meri esecutori, è facile che i dipendenti inizino a valutare la possibilità di cambiare aria. - Stipendi inadeguati o completamente fuori mercato
Lo stipendio è di certo un elemento importante nella strategia di retention dei dipendenti, che può essere sostenuto anche da ottime politiche di benefit ed engagement del personale. E attenzione: fare come le compagnie telefoniche, che premiano il cliente nuovo dimenticandosi del vecchio, non è una mossa vincente. Prendersi cura in primis delle persone che da tempo danno fiducia, invece, funziona. - Non ascoltare
Una singola azione che è fortemente consigliabile è quella di momenti di feedback. Per un dipendente non c’è nulla di più frustrante che accorgersi di non aver alcun peso, di non essere minimamente ascoltato, anche quando avrebbe tutte le competenze giuste per dire la sua. - Nessun coinvolgimento
Non incide solo nel tasso di retention ma anche nella produttività. Team building, momenti ludici come cene o anche semplicemente una pausa caffè condivisa, corsi di formazione, analisi di clima, azioni per migliorare il work/life balance, ecc. hanno tutti un impatto positivo. I collaboratori trascorrono tantissime ore della loro giornata in azienda, è naturale che prediligano un contesto più piacevole e coinvolgente. - Sicurezza psicologica
Creare un ambiente lavorativo sicuro significa rispettare e valorizzare le unicità di ogni persona, dove la valutazione si basa sulle competenze e sul valore che può apportare. In un ambiente lavorativo sicuro: si promuovono comportamenti virtuosi di gentilezza e collaborazione, l’errore è visto come mezzo di apprendimento, le persone che la pensano diversamente lo possano dire senza essere ghettizzate, essere donna, madre, gay, grasso, povero, nero, mussulmano, non fa alcuna differenza.
Spunti di approfondimento dal nostro blog: sai cos’è la sicurezza psicologica? Conosci chi se ne occupa in azienda? Scopri tutti i nostri articoli qui: Blog – KaleidoHub
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