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lavoro multigenerazionale

Una forza lavoro multigenerazionale come risorsa

Perché far lavorare insieme giovani e vecchi conferisce un vantaggio competitivo alla tua organizzazione.

Diversità generazionale: da dove arriva e come è cambiata nel corso del tempo?

La diversità generazionale ha radici nelle prime comunità umane. I più anziani erano rispettati come custodi di saggezza ed esperienza, vivevano nei villaggi e insegnavano ai giovani come cacciare, raccogliere e sopravvivere nella natura. La relazione tra giovani e vecchi è nata proprio dalla necessità di apprendere per sopravvivere. Con il passare del tempo gli anziani divennero insegnanti e nel corso dei secoli le tradizioni e la saggezza anziana sono diventate il vero collante che univa le comunità.

Oggi la tecnologia digitale amplifica enormemente le differenze tra giovani e anziani e ne crea di nuove. Giovani cresciuti con smartphone e computer chiamati “nativi digitali” si scontrano con generazioni più vecchie e meno familiari con la tecnologia. Un divario digitale che ha creato sfide, ma anche opportunità per imparare gli uni dagli altri.

La diversità generazionale, nel corso del tempo, è passata da una necessità pratica di sopravvivenza a un intreccio complesso di culture, idee e modi di vivere. La comprensione  tra giovani e anziani diventa oggi sempre più cruciale, poiché le sfide del mondo moderno richiedono una collaborazione e una condivisione di prospettive.

Giovani vs vecchi: gli stereotipi più diffusi

Negli ambienti di lavoro gli stereotipi tra i giovani e gli anziani influenzano le dinamiche, le relazioni professionali e a volte anche le decisioni. È importante tenere  bene a mente però che gli stereotipi non rappresentano la realtà di ogni persona e che le percezioni che ciascuno di noi ha rispetto a una situazione o a una reazione possono variare di molto. Tuttavia esistono alcuni stereotipi molto comuni che i giovani hanno in mente quando si trovano a collaborare con i colleghi più anziani.

Tecnofobia

Una percezione comune è che gli anziani siano meno abili nell’uso della tecnologia. I più giovani spesso presumono che i colleghi più anziani siano meno adattabili alle nuove piattaforme digitali o meno inclini ad abbracciare gli strumenti tecnologici moderni.

Reticenza verso l’innovazione

I più giovani sono più propensi a pensare che gli anziani siano meno aperti all’innovazione e al cambiamento. Questo stereotipo potrebbe essere basato sull’idea che gli anziani si dimostrano in genere più affezionati alle tradizioni e meno disposti a provare nuovi approcci o metodologie.

Mancanza di ambizione o energia

Un altro stereotipo diffuso tra i giovani tende ad associare l’età avanzata di una persona a una sua presunta mancanza di ambizione o di energia. Questo li porta erroneamente a pensare che i colleghi più anziani siano meno motivati ​​o meno disposti a lavorare duramente, cosa che invece in molti casi non è affatto.

Difficoltà nell’apprendimento

Questo è un altro degli stereotipi più  diffusi secondo cui gli anziani potrebbero avere difficoltà a imparare nuove competenze o acquisire conoscenze aggiornate. Questo stereotipo si radica   nella convinzione che imparare quando l’età avanza diventi via via più difficile. Cosa che non è:anche l’apprendimento, come molte altre attività, è una cosa che si allena. Chi è allenato a imparare lo fa senza difficoltà in qualunque momento della sua vita, indipendente dall’età anagrafica.

Resistenza all’autorità giovane

Alcuni giovani potrebbero immaginare che i colleghi più anziani siano riluttanti ad accettare la leadership o le direttive da parte di individui più giovani. Questo stereotipo può creare tensioni nella collaborazione tra diverse generazioni.

Questi esempi di stereotipi non corrispondono alla realtà. Molte persone anziane si dimostrano a loro agio con il cambiamento, innovative e desiderose di continuare a imparare. Ecco che smantellare gli stereotipi diventa essenziale per creare ambienti di lavoro inclusivi e per favorire una collaborazione efficace tra le diverse generazioni. La consapevolezza che tali stereotipi non corrispondono alla realtà è il primo passo per promuovere una cultura aziendale che valorizzi le competenze e le prospettive di tutti i dipendenti, di qualsiasi  età.

Vecchi vs giovani: i pregiudizi da evitare

In un ambiente aziendale anche tra i colleghi più vecchi possono emergere pregiudizi nei confronti dei giovani. Alcuni di questi pregiudizi possono includere qualcuno degli esempi che segue.

Mancanza di esperienza

Un pregiudizio molto diffuso è pensare che i giovani siano meno capaci o meno competenti per il fatto che mancano di esperienza. Certo, l’esperienza è importante, ma il fatto che manchi non deve portarci ad associarla in automatico a una mancanza di conoscenza o di competenza.

Scarso impegno o professionalità

Un altro luogo comune che si sente spesso nelle aziende che hanno una forza lavoro multigenerazionale è quello che i giovani mettono meno impegno e meno professionalità del dovuto in ciò che fanno. Si tratta di un pregiudizio che, alla lunga, può generare una mancanza di fiducia reciproca e disparità di trattamento basate unicamente sul sentito dire e non su dati di fatto.

Le generazioni più vecchie infatti – baby boomer e GenX –  sono cresciute in un’epoca in cui le aspettative riguardo all’impegno e alla dedizione al lavoro erano diverse. Millennials e GenZ hanno bisogno di adottare modelli di lavoro più flessibili che lasciano spazio anche alle passioni personali. Cosa che potrebbe essere interpretata come mancanza di impegno quando non è affatto detto che lo sia (e quasi mai lo è).

Comunicazione e stili di lavoro

Le differenze tra generazioni nei modi di comunicare e di collaborare possono portare a fraintendimenti. Ad esempio, se da una parte i più giovani preferiscono comunicare attraverso mezzi digitali e utilizzare strumenti di comunicazione asincrona, come le chat, dall’altra i colleghi più anziani potrebbero interpretare queste modalità come superficiali e poco serie quando invece la velocità di scambio delle informazioni – soprattutto in ambiente lavorativo – è diventata una vera e propria risorsa per tutti.

Mancanza di rispetto per l’autorità

L’evoluzione dei nostri sistemi sociali ed educativi influenza la percezione che ciascuno di noi ha per l’autorità. I più giovani sono stati educati in ambienti scolastici o familiari che incoraggiano il pensiero critico e la partecipazione attiva, indipendentemente dalla posizione gerarchica che ciascuno ricopre. Ecco perché le generazioni più giovani sono tendenzialmente meno inclini ad accettare l’autorità tout court. Pensano, riflettono, criticano. Insomma dicono la loro a prescindere dal fatto di essere gli ultimi arrivati in azienda.

Voglia di bruciare le tappe

Le aziende moderne, in particolare quelle del settore IT, offrono opportunità di carriera più rapide rispetto a quelle tradizionali. I giovani sono più disposti a cogliere queste opportunità, mentre i lavoratori più vecchi tendono a preferire una progressione più lenta e graduale. Le generazioni inoltre possono avere valori diversi in merito al lavoro alla carriera: i più  giovani tendono ad attribuire una maggiore importanza all’equilibrio tra lavoro e vita privata rispetto ai più vecchi che, tra posto fisso e spirito di sacrificio, hanno spesso fatto del lavoro e la famiglia le uniche ragioni di vita.

Diventare consapevoli di questi pregiudizi e imparare a superarli diventa oggi cruciale in tutte le aziende per poter creare un ambiente di lavoro realmente collaborativo. È fondamentale saper riconoscere e apprezzare le competenze uniche che ciascuna generazione porta con sé, promuovendo la collaborazione e il rispetto reciproco. Il successo di un team dipende dalla capacità di sfruttare le conoscenze e le competenze di ogni persona, di qualsiasi età, e dalla capacità di creare un ambiente in cui tutti si sentano valorizzati e incoraggiati a contribuire al loro massimo potenziale.

Il costo della discriminazione per età nel recruitment e nella vita organizzativa delle imprese

La discriminazione per età è una sfida persistente nel mondo del lavoro, con impatti significativi sul recruitment e sulla vita organizzativa delle imprese. Ttale discriminazione ha un costo e individuarlo è cruciale per capire come influisce sulle dinamiche aziendali e sulla coesione del team.

In termini di recruitment la discriminazione per età può comportare la perdita di talenti preziosi. Talenti che, nonostante l’esperienza e la competenza, potrebbero essere esclusi a causa di pregiudizi legati alla generazione di appartenenza. La discriminazione per età, tuttavia, non si esaurisce nel processo di assunzione. Una volta all’interno delle organizzazioni, i lavoratori più anziani trovano spesso la strada sbarrata di fronte alle opportunità di carriera offerte dall’azienda. Se queste opportunità di crescita e promozione vengono sistematicamente offerte ai più giovani, si crea un ambiente in cui i professionisti più anziani si sentono trascurati e sottovalutati. Questa pratica, oltre a essere scorretta, genera disengagement e perdita di senso di appartenenza con un impatto diretto sulla produttività complessiva dell’azienda.

Inoltre, la discriminazione per età alimenta tensioni intergenerazionali all’interno dei team. I lavoratori più giovani percepiscono i colleghi più anziani come ostacoli alla loro ascesa professionale, mentre i lavoratori più anziani si sentono emarginati o non adeguatamente apprezzati. Sentimenti questi che alimentano un clima lavorativo tossico e compromettono la collaborazione.

Come far lavorare insieme giovani e vecchi? Le opportunità da cogliere prima che sia troppo tardi

Far lavorare insieme persone di età diverse consente di capitalizzare le competenze e le prospettive che ciascuna generazione porta con sé. Contribuisce a creare un ambiente di lavoro inclusivo e collaborativo che porta a maggiore innovazione, produttività e soddisfazione dei dipendenti. Da dove partire? Le iniziative possono essere molteplici.

  1. Adottare iniziative di mentorship e reverse mentoring
    Implementare programmi di mentorship in cui i lavoratori più anziani possano trasferire la loro vasta esperienza ai giovani, facendo in modo che questi ultimi la facciano propria attraverso prospettive fresche e competenze tecniche moderne. Il reverse mentoring, in cui i giovani affiancano i più vecchi aiutandoli a prendere confidenza con nuove tecnologie e tendenze di settore. Una formazione reciproca con cui dare valore all’impatto di ciascuno.
  1. Costruire team multigenerazionali
    Unire competenze ed esperienze diverse preme ai loro membri – di età, formazione ed esperienza diverse – di affrontare le sfide in modo più completo, integrando l’innovazione e la saggezza accumulata nel tempo.
  1. Promuovere la sicurezza psicologica
    Le differenze generazionali possono portare a stili di comunicazione diversi, ma è fondamentale che ciascun membro del team si senta libero e psicologicamente sicuro di poter esprimere le proprie idee, di sollevare dubbi e ammettere errori senza timore di essere giudicato, deriso, punito o emarginato.
  1. Favorire la rotazione di ruoli e progetti
    Consentire ai dipendenti di acquisire una visione più ampia dell’azienda favorisce lo sviluppo delle competenze e promuove la comprensione reciproca tra le generazioni.
  1. Adottare politiche di conciliazione Vita-Lavoro
    Implementare politiche che favoriscano la conciliazione tra vita professionale e personale consente di rispondere alle esigenze e alle priorità che connotano le diverse generazioni. Una persona che riesce a conciliare la vita personale con quella professionale è sicuramente più soddisfatta, più motivata e quindi più produttiva. Indipendentemente dalla generazione cui appartiene.

Cogliere queste opportunità non solo migliora la coesione e la produttività del team, ma conferisce all’azienda un vantaggio competitivo per affrontare le sfide future: solo abbracciando la diversità generazionale e combattendo i pregiudizi è possibile creare un ambiente di lavoro equo e inclusivo a beneficio di tutti i membri dell’organizzazione.

L’investimento nella promozione di una cultura aziendale che rifiuta l’ageismo non è solo eticamente giusto, ma conveniente perché si traduce anche in un vantaggio competitivo in un mercato del lavoro sempre più diversificato e globalizzato.

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