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inclusione e diversità

Creare un’organizzazione senza paura è possibile: trasparenza, diversità e inclusione sono le chiavi.

“Ehi, guarda che scherzavo”. Un esempio di battuta che non fa ridere.

“Oggi potresti fermarti fino a tardi per lavorare insieme a questo progetto? ” Domandò una dipendente di Uber a un collega. “Sì, se vieni a letto con me”. Poi, dopo un attimo, “Guarda che scherzavo”. 

Una battuta davvero infelice. Dopo nove mesi trascorsi in Uber per un progetto sulla trasformazione della cultura aziendale, la professoressa Frances Frei della Harvard Business School – la persona che si è sentita rispondere a quel modo – descrive questa situazione come uno dei molti eventi appartenenti alla categoria del “Guarda che scherzavo”.

La stessa Frei ha parlato della sua esperienza in Uber in questo podcast del 2 aprile 2028 dal titolo “Fixing the culture in Uber”, Harvard Business School

Se qualcuno sente il bisogno di giustificare  un commento di questo tipo, dice la Frei, è probabile che sappia che quanto ha detto rischiava di risultare sgradito o poco appropriato.

Qual è la risposta che la Frei suggerisce di dare in casi come questi?

“Caspita, hai appena detto una frase veramente fuori luogo. Possiamo ricominciare daccapo?”. Questo tipo di risposta dovrebbe portare coloro che in azienda “stavano solo scherzando” a riflettere un momento sulla qualità delle loro parole e a cominciare a esprimersi in modo appropriato e inclusivo. È un modo di apportare il cambiamento dal basso verso l’alto, messo in atto da persone prive di poteri ufficiali all’interno di un’organizzazione ma che – secondo la Frei – dimostrano la loro efficacia.

Se poi questi comportamenti ufficiosi sono accompagnati anche da chiare direttive culturali da parte del corpo dirigente, allora la loro efficacia si amplifica.

Eliminare la paura all’interno di  qualsiasi organizzazione, anche quella che scaturisce da battute solo apparentemente innocue,  è un’impresa non da poco. La bacchetta magica che fa materializzare la sicurezza psicologica da un momento all’altro, non esiste. Però, impegnandosi nel costruire un nuovo linguaggio, una conversazione per volta, le persone fanno il primo passo per costruire ambienti di lavoro innovativi e prosperi nell’economia della conoscenza.

Come iniziare questo nuovo cammino? Dalla trasparenza.

Trasparenza sì, ma non per forza su tutto.

La trasparenza è un valore importante per costruire sicurezza psicologica all’interno delle aziende per almeno tre ragioni.

Favorisce la fiducia e l’engagement dei dipendenti

La trasparenza all’interno di un’azienda contribuisce a creare un ambiente in cui i dipendenti si sentono informati e coinvolti. Quando le informazioni sono accessibili e condivise apertamente, i dipendenti si sentono parte integrante dell’organizzazione. Questo, a sua volta, accresce la fiducia reciproca tra i membri del team e tra i dipendenti e la leadership: le persone si sentono più libere di esprimere le proprie opinioni, di condividere le preoccupazioni e di assumersi rischi senza paura di conseguenze negative.

Riduce l’incertezza e l’ansia

La mancanza di informazioni chiare e accessibili può generare incertezza e ansia tra i dipendenti. La trasparenza invece fornisce un quadro chiaro delle aspettative, degli obiettivi aziendali e delle decisioni prese a livello di leadership. Quando i dipendenti comprendono il contesto e le ragioni che stanno dietro alle decisioni aziendali si sentono più sicuri riguardo al loro ruolo e alle prospettive future. La riduzione dell’incertezza contribuisce direttamente a creare un ambiente di lavoro più sicuro dal punto di vista psicologico.

Stimola la collaborazione e la risoluzione dei problemi

La trasparenza crea un ambiente che favorisce la collaborazione e la risoluzione dei problemi. Quando le informazioni sono condivise apertamente, i dipendenti sono più propensi a lavorare insieme per superare le sfide e affrontare i problemi. In un contesto trasparente, l’apertura nel riconoscere gli errori e nell’affrontare le sfide è vista come un passo verso la soluzione anziché come una debolezza. Questa cultura di apertura promuove la sicurezza psicologica, poiché i dipendenti si sentono più confortati nel sapere che possono affrontare le sfide insieme, senza timore di critiche punitive.

Tuttavia, sul lavoro ci sono situazioni in cui condividere tutto quello che ci passa per la testa non è affatto utile. Per esempio se si tratta di commenti sull’abbigliamento di qualcuno o sul suo modo di presentarsi. Oppure, le decisioni in merito a quali aspetti della crescita personale e del feedback siano leciti in azienda. Commenti come questi devono essere ponderati con cura e contestualizzati.

L’obiettivo è capire di volta in volta quanta trasparenza (e riguardo a cosa) sia necessaria per arrivare a svolgere al meglio il lavoro nell’organizzazione. Nel frattempo, è importante continuare a impegnarsi perché  le persone non tacciano qualche questione lavorativa per paura di essere messe in imbarazzo.

Investire su diversità e inclusione. Partiamo da qui.

In un luogo di lavoro dove si pratica davvero l’inclusione le persone percepiscono un forte senso di appartenenza. Un luogo di lavoro inclusivo diventa un luogo di lavoro che può dirsi psicologicamente sicuro, in cui vengono ascoltati e accolti punti di vista diversi. 

Tuttavia, una forza lavoro diversificata non garantisce che tutti percepiscano un senso di appartenenza e l’inclusione quindi, non è così automatica.

In un’azienda senza paura la diversità favorisce maggiore inclusione e senso di appartenenza, ma concentrarsi unicamente sulla sicurezza psicologica non è una strategia sufficiente per costruire diversità, inclusione e senso di appartenenza.

Inclusione e diversità sono obiettivi correlati tra loro e devono procedere di pari passo. Le aziende che funzionano e dove si sta bene continueranno ad attirare, assumere e trattenere al loro interno una forza lavoro diversificata perché i loro capi hanno capito che è da lì che arrivano le buone idee. Le persone più talentuose proveranno quindi il desiderio di lavorare per queste aziende. I leader di queste organizzazioni riconoscono anche che orientare le assunzioni in modo da favorire la diversità non basta: devono anche fare in modo che i dipendenti possano esprimersi nella loro pienezza sul posto di lavoro.  In altre parole devono fare in modo che tutti i dipendenti possano appartenere, nel senso più profondo, alla comunità aziendale.

Credo nella sicurezza psicologica ma non sono il capo. Cosa posso fare?

È vero che i capi, i leader, i manager  rivestono un ruolo di grande importanza nella definizione di aspettative e comportamenti sul luogo di lavoro, ma chiunque può -anzi deve!-aiutare a creare sicurezza psicologica.

Impara a fare buone domande

Questo è un ottimo punto di partenza perché fare una buona domanda significa fare una domanda motivata da curiosità sincera e dal desiderio di dare voce a qualcuno. Le domande richiedono risposte, creano un vuoto che serve da opportunità di espressione per qualcuno. Comunichiamo il nostro interesse per l’opinione dell’interlocutore e così facendo abbiamo creato uno spazio sicuro che aiuta una o più persone a mettere in campo le loro idee.

Ascolta attivamente

Scegli di ascoltare in modo attivo ciò che hanno da dire le persone e manifesta interesse usando le loro idee come punto di partenza o commentandole. Il vero ascolto comunica rispetto e rafforza l’idea che l’espressione delle persone nella loro interezza sia molto gradita nel contesto lavorativo. Questo non significa che bisogna dirsi d’accordo con quanto detto dagli altri, le opinioni altrui non devono ci piacere per forza, ma dobbiamo apprezzare lo sforzo che è stato fatto per esprimerle.

Chiarisci bene la sfida che avete davanti

Ricorda alle persone che il loro contributo è gradito perché è necessario. Ricordare alle persone cosa devono affrontare con il loro gruppo di lavoro, per esempio parlando di quanto il compito da svolgere sia incerto, complesso o interdipendente, aiuta a sottolineare che nessuno deve per forza avere tutte le risposte e di conseguenza  rende lo scoglio dell’esprimersi meno insormontabile.

Sì, ma in pratica cosa dovremmo dire?

Ecco qualche esempio di cose da dire quando ci troviamo in difficoltà:

  • Non lo so
  • Ho bisogno di aiuto
  • Ho fatto un errore
  • Mi dispiace.

Ciascuna di queste frasi esprime vulnerabilità. Quando manifestiamo la nostra disponibilità a riconoscere di essere individui fallibili, autorizziamo gli altri a fare lo stesso. Togliersi la maschera aiuta gli altri a togliere la loro.

Anche le parole che esprimono interesse e disponibilità sono altrettanto potenti nel definire l’atmosfera in cui lavoriamo, anche se non siamo i capi. Per esempio potremmo avere l’opportunità di dire cose come:

  • Cosa posso fare per aiutarti?
  • Che problema stai affrontando?
  • Quali sono le tue preoccupazioni?

Ricordiamoci di essere vulnerabili e nello stesso tempo interessati e disponibili. Assumiamoci  questo  piccolo rischio relazionale. I nostri tentativi possono essere inizialmente ignorati, o peggio rifiutati ma se   riteniamo che nella nostra azienda il livello di sicurezza psicologica è ancora modesto, nella maggior parte delle occasioni i nostri colleghi, alle frasi di cui sopra, reagiranno comunque bene. Quindi vale davvero la pena di provare.

E ricordiamoci anche che per essere un leader non serve essere un capo. Il compito del leader è creare e  alimentare la cultura di cui tutti abbiamo bisogno per dare il nostro meglio. Proprio quando agiamo in questo senso stiamo esercitando una vera leadership.

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diversità e inclusione, libertà di espressione, paura, sicurezza psicologica

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