(Ri)conosci i tuoi talenti?
È innegabile, questa è senza dubbio l’epoca dei “talent”. C’è spazio per tutti: cantanti, ballerini, comici, tatuatori, stilisti, designer e anche per chi non si riconosce in nessuna categoria particolare (vedi Italia’s Got Talent). Ma, notorietà televisiva a parte, cosa spinge queste persone a misurarsi con altri per andare alla conquista di un premio che li proclami i migliori nel loro settore? Voler fare del proprio talento un lavoro è sintomo di ricerca della via più semplice per arrivare al successo o, al contrario, dimostra di voler fare, nella nostra vita, quello che più ci appassiona e ci rende davvero felici?
Le origini della parola talento
La parola talento deriva dal greco antico “tàlanton” che stava ad indicare il piatto della bilancia, ovvero qualcosa che ha un peso, un valore, assumendo prima il senso di inclinazione (con riferimento appunto all’inclinazione della bilancia), poi quello di unità di misura commerciale, corrispondente a 26 kg, e infine diventa moneta. Anche il Vangelo ci parla dei talenti, raccontandoci di un uomo che parte per un viaggio e affida i suoi beni ai suoi servi: al primo servo affida cinque talenti, al secondo due talenti e al terzo un solo talento. I primi due, mettendo a frutto la somma ricevuta, ne raddoppiano l’importo e vengono premiati dal padrone; il terzo, timoroso, nasconde il suo talento sotto terra e per questo viene punito con ‘pianto e stridor di denti’.
Oggi che definizione possiamo dare al talento?
Ci viene in aiuto l’enciclopedia Treccani che ci dice che un talento è “un ingegno, una capacità, una predisposizione naturale intesa ad una particolare attività”: insomma, senza troppi giri di parole, è qualcosa che ci viene naturalmente molto bene.
Se questa definizione è corretta, allora tutti abbiamo un talento, poiché ognuno di noi ha un’inclinazione naturale per fare bene qualcosa! Come mai allora spesso pensiamo: “Bah io non ho particolari talenti”? Perché la vera difficoltà sta nel riconoscerli!!!
Perché è così importante saper riconoscere i propri talenti?
Avere consapevolezza di quali sono le nostre inclinazioni naturali a fare bene certe attività ci consente, innanzitutto, di sentirci in qualche modo unici e preziosi, il che può aumentare la nostra autostima e la convinzione di avere delle risorse sempre a portata di mano, pronte all’uso in caso di necessità.
Inoltre, è importante sapere cosa possiamo offrire di noi agli altri, quale nostro valore possiamo mettere a disposizione dei nostri cari, dei nostri colleghi, della nostra azienda e a lasciare il nostro segno nella vita delle persone che incrociamo nel nostro cammino.
Non è finita qui! Riconoscere i nostri talenti ci aiuta anche a vedere ed apprezzare quelli degli altri, dare loro il giusto spazio e lasciare che, a loro volta, arricchiscano anche noi.
Come si fa a riconoscere i propri talenti?
Passiamo alla pratica… come faccio, insomma, a riconoscere questi talenti? Facile! Chiediti in cosa riesci particolarmente bene. Segui questi step:
1. Pensa a qualcosa che sai fare fin da piccol*, senza che nessuno te lo abbia insegnato: c’è qualcosa che da sempre ti viene spontaneo?
2. Ascolta cosa dicono di te: presta attenzione a tutti quei “chiedo a te che in queste cose sei brav*…” o “tu che ne sai, mi puoi dare il tuo parere?”, “mi daresti una mano con questa cosa?”. Molto spesso noi non ce ne accorgiamo, ma gli altri sì! Per cosa ti chiedono aiuto? In che cosa si fidano dei tuoi consigli o delle tue opinioni?
3. Mettiti alla prova in diversi ambiti: talento non è solo sport, canto o ballo. Non dare nulla per scontato… ognuno ha il suo! Sfida te stesso in diversi contesti e stai attento a non minimizzare ciò che sai fare bene (no, non lo sanno fare tutti come pensi tu!).
4. Osserva il tuo “State of Flow”: è quel momento in cui fai qualcosa che ti appassiona, che ti coinvolge a tal punto da farti perdere completamente la cognizione del tempo, della stanchezza e non senti il bisogno di fermarti, come se attorno a te non esistesse nient’altro.
Talenti e competenze sono la stessa cosa?
Rallentiamo un attimo però… non tutto quello che sappiamo fare bene è un “talento”. Bisogna fare attenzione a non confondere i talenti con le competenze. Ti sembra tutto troppo complicato di nuovo? Non ti preoccupare, ora vediamo insieme come distinguerli. Basta fare la prova del 9, anzi… del 5!
Queste sono le 5 caratteristiche di un talento:
1-naturalezza (sei sempre stato brav* a farlo, si direbbe che sei “nat* imparat*”)
2- facilità (ti viene facile, nessuna fatica)
3- ripetizione (ti riesce bene sempre, non è stata la “fortuna del principiante”)
4- piacere (ti appassiona, ti rende felice)
5- riconoscibilità (te l’abbiamo già detto… magari tu non ne accorgi, ma gli altri sì!)
Ci sono tutte e cinque queste caratteristiche? Allora hai fatto centro!… altrimenti si tratta di una tua abilità.
Come si sposa il talento con la propria professione?
Bene, adesso che sai come cercare il tuo talento, sta a te scoprirlo e farlo brillare. Ma ora come possiamo far combaciare la necessità di avere un lavoro in un mercato lavorativo complesso con la voglia di mettere in gioco il nostro talento e farne un mestiere?
In una recente indagine di Adecco Group emerge che ben 7 intervistati su 10 dicono di non lavorare nell’azienda dei sogni. Per il 30% dei referenti HR sarebbe proprio la possibilità di poter esprimere il proprio talento ad essere in grado di trasformare un semplice posto di lavoro nell’azienda dei sogni.
Quello che notiamo lavorando con le persone – nel loro percorso di riposizionamento nel mondo del lavoro – è che quello che davvero cercano è un ambiente sano, in cui il rispetto della persona e dei suoi talenti sia concreto e senza distinzioni. Talento e passione suscitano energia nei lavoratori che, sentendosi davvero valorizzati, sono spinti a dare il meglio per la loro azienda perché la sentono davvero propria e quindi si sentono responsabili di un bene comune a cui vogliono contribuire: questo crea un circolo virtuoso di reale beneficio, sia per l’azienda che per il collaboratore. Al contrario, l’omologazione, il non rispetto, l’isolamento, la discriminazione rendono il lavoratore svogliato, indifferente, arrabbiato, in alcuni casi (molti…) anche depresso.
Ma come si possono, allora, valorizzare i talenti dei propri dipendenti?
Innanzitutto, parlando con loro e conoscendo le loro attitudini. Si possono creare momenti di workshop, di condivisione, di ascolto reciproco e di coaching, nei quali smascherare i meravigliosi talenti che si nascondono dietro a quella “segretaria acida” o a quel “tecnico solitario”: bisogna metterli nelle condizioni di poter esprimere loro stessi, per poter essere la persona giusta al momento giusto, in un clima che accetta la diversità.
Imprenditori, responsabili delle risorse umane, capi reparto, team leader, hanno una responsabilità enorme: rendere felici le persone con le quali lavorano, valorizzando i loro talenti. È un “peso” in più, ma che in termini di valore – come nella parabola – vi verrà restituito raddoppiato.
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